news 17 ottobre 2001

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IL PUNTO SULLA SAT TV

100 canali, 19 concessionarie di pubblicità, 200 miliardi di raccolta nel 2001, oltre 1.000 miliardi provenienti dalle vendite degli abbonamenti, che non bastano a coprire gli investimenti delle due piattaforme italiane (Tele+ Digitale e Stream) oggi in attesa di fusione.
Questi i dati di un business - quello della nuova tv che arriva dallo spazio - che ha già coinvolto il 12% delle famiglie italiane.

Una buona occasione per riflettere (anche) sul trend della Tv da satellite è stato il Sat Expo, il Salone delle telecomunicazioni satellitari svoltosi a Vicenza dal 5 all’8 ottobre scorsi.
La notizia principale è l’annuncio della pubblicazione, entro la primavera del 2002, dei primi dati Auditel sull’audience delle televisioni da satellite. L’annuncio è stato fatto, a Vicenza, dal Direttore Generale di Auditel, Walter Pancini, nel corso del convegno “Tv satellitari e pubblicità”, moderato dal Direttore dell’UPA (l’associazione degli utenti pubblicitari) Felice Lioy, e utile a seguire, dall’angolo visuale dei pubblicitari, lo stato dell’arte di questo mercato.

IL DISCORSO sul broadcasting che arriva dal cielo è inevitabilmente duplice.

Da una parte è assai positivo il fatto che il satellite, ampliando lo spazio trasmissivo e riducendo i costi di trasmissione, abbia liberato molte energie sul piano creativo ed editoriale, rimaste da troppi anni per così dire soffocate nelle secche del famigertato duopolio televisivo nazionale.

Dall’altra, è impossibile non rilevare che la nuova Tv non ha ancora raggiunto una sua propria giustificazione commerciale, non avendo ancora sfondato il muro della “massa critica” per quanto riguarda il numero di utenti, e non riuscendo ancora ad attrarre una quantità di budget pubblicitari sufficiente al break even delle aziende editoriali coinvolte.

IN ALTRE PAROLE, è bello (per chi dispone di una parabola, di un decoder e di un abbonamento - e naturalmente del tempo necessario a smanettare con il telecomando) veder potenziata la propria facoltà di scelta di consumo televisivo, talora con prodotti di straordnaria qualità. Nel contempo, è assai brutto dover riconoscere che gran parte di queste Tv che hanno rinnovato l’offerta, a meno di miracolosi e improbabili cambiamenti dell’ultim’ora, saranno ben presto costrette a chiudere o ad accorparsi per semplice mancanza di soldi.

ALL’UTENZA di tv da satellite è infatti attribuita una quota che va dal 10 al 13% delle famiglie italiane, mentre gli abbonati alle due piattaforme digitali Tele+ e Stream (la cui prospettata fusione è tuttora sub judice in sede di antitrust), non superano i 2,5 milioni. Naturalmente non contando la pirateria, una vera piaga, contro la quale ben poco, per ora, si pyò fare, e che pare quantificabile nella rispettabile cifra di 1 milione-1 milione e mezzo di utenti.

Più o meno un centinaio sono i canali tematici in lingua italiana, addirittura 19 le concessionarie di pubblicità che se ne occupano, un po’ troppe, a dire il vero, rispetto all’attuale giro d’affari. Su tutte s’impongono la Cairo Tv, del già segretario (ma guiarda un po’) del fondatore di Mediaset, che ha in gestione i principali canali di Tele+ Digitale, e Publikompass, di cui è responsabile il dinamico Angelo Sayeva, che ha in cura una buona parte dei canali Stream.

I FATTURATI PUBBLICITARI complessivi non superano i 200/220 miliardi: poco, molto poco al confronto con gli altri media, e in particolare con le cifre impressionanti macinate ogni anno dalla Tv generalista (Rai e Mediaset, sostanzialmente, che si prendono tuttora il 90/95% della share complessiva della scatola magica) la quale, com’è noto, da sola si aggiudica più o meno la metà del totale degli investimenti pubblicitari nazionali.

SUL PIANO DELLE VENDITE di abbonamenti, i ricavi della pay tv in Italia nel 2001 si attesterebbero sui 630 milioni di Euro (fonte IDC per Federcomin): meno del necessario al break even delle piattaforme distributive, non a caso in attesa di fusione, in funzione di un accordo fra giganti dell’audiovisivo che va ben oltre l’italia, poiché l’incapacità della Pay Tv di produrre valore aggiunto per gli azionisti è un problema generale, con pochissime eccezioni.

CHE COSA DICONO i pubblicitari? Sentiamo Lioy: “Sono cambiate le tecnologie ma il mercato della pubblicità è cambiato poco, in questi anni, in termini di media share, al di là delle facili e fallaci mode da New Economy.. Eppure questo stesso mercato chiede nuove opportunità, vuole parlare a target più mirati, rivolgersi ai consumatori in modo più dinamico, ed è rispetto a queste evolute esigenze delle aziende che la nuova tv ha un vantaggio tattico.

E’ necessaria però la misurabilità dell’ascolto, “perché chi investe non vuole buttare via i suoi quattrini!”.

L’AUDITEL E’ AL LAVORO da tempo. All’interno del famoso panel di famiglie i cui gusti televisivi sono monitorati da un apposito meter (5074 per 14.000 individui) il 10% è attrezzato alla ricezione satellitare ed è stato dotato di un meter di seconda generazione, sempre realizzato dall’AGB. Il dato interessante è che questo 10% dedica un buon 20/22% del proprio time budget ai programmi satellitari. Insomma, stando ai primi, cauti dati, la tv tematica un suo, reale pubblico ce l’ha, all’interno, naturalmente, del suo universo di riferimento: cioé l’utenza già “satellizzata”.

IL FATTORE dello sviluppo è allora l’estensione dell’accesso, con la diffusione degli impianti di ricezione dei segnali satellitari e dei decoder di nuova generazione. Quante famiglie se ne doteranno, decidendo di modificare le proprie abitudini di fruizione, dal generalismo alla tematicità, ma soprattutto dalla gratuità alla selezione a pagamento? Attraverso la risposta a tale quesito - al di là delle magnificenze interattive promesse dalla tecnologia digitale, rispetto alle quali non si sono ancora messi a fuoco positivi modelli di business - passa, secondo noi, il futuro del mezzo televisivo, almeno nel suo uso tradizionale, che rimane legato all’intrattenimento e, in seconda battuta, all’informazione. Un uso che non sarà spazzato via così facilmente.

MA GLI EDITORI DI SAT TV vogliono davvero i dati Auditel? In realtà, le richieste di queste ulteriori informazioni giungono all’Auditel dalle Tv generaliste nazionali, (attorno alle quali Auditel è stata fondata, per certificare una realtà la cui veridicità risiedeva e risiede tuttora anche nella politicità del patto fondativo) veicolate anch’esse, in parte, dal satellite. Non va dimenticato che la struttura guidata da Walter Pancini è al servizio degli investitori pubblicitari e quindi lavora, per così dire, su commissione, senza prendere iniziative autonome, di carattere giornalistico o altro.

“In effetti il rapporto fra Tv sat e audience è freddo”, riconosce Pancini,

. D’altra parte, i singoli canali, e in particolare quelli in chiaro, chiedono informazioni.

PER CONCILIARE le diverse esigenze degli operatori, la risposta di Pancini è quella di far entrare l’Auditel in una nuova fase: la “prospettiva ipermediale”, la chiama, “che, con una nuova metodologia condivisa, contribuisca a far emergere un mondo ancora sommerso, la cui realtà deve essere usata piuttosto come motivo di sviluppo”.

La metodologia dell’Auditel satellitare dovrà essere diversa da quella terrestre, e nemmeno si potranno ruvidamente accostare i dati dei due segmenti sul piano della frequenza di diffusione: i dati del satellite, parola di Pancini, non saranno quotidiani, piuttosto di medio/lungo periodo. L’appuntamento con i primi dati è dunque in primavera: con qualche strascico polemico, è prevedibile.

A MISURARE la penetrazione del segnale satellitare provvede dal 1993, attraverso sondaggi, anche Eutelsat, il principale provider di telecomunicazioni via satellite, che veicola i programmi di tutti i canali italiani. In questo periodo la società diretta da Giuliano Berretta - gran mattatore del sat Expo, come al solito - sta mettendo a punto una nuova metodologia di rilevazione mediante la marcatura dei programmi in onda attraverso dei cosiddetti codici inudibili, che consentono l’identificazione del canale ricevuto, del programma visto, ed eventualmente della lingua in cui è fruito. Tali codici vengono poi rilevati da apposite squadre tecniche che fanno visita alle abitazioni degli utenti. “Pur interna a Eutelsat”, spiega il manager della piattaforma Roberto Vitalone, “la nostra indagine può rappresentare un ulteriore strumento di lavoro per pubblicitari, centri media, inserzionisti”.


Piero Ricca

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