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A volte ritornano. Anzi, ogni estate.

9 agosto 2011 e.oliva Nessun commento

Sun-NOAAPer qualche strano meccanismo psicologico che non intendo approfondire, continuo a dare un’occhiata al sito di “Repubblica” con inquietante regolarità, diciamo quasi tutti i giorni. E lo so benissimo che spreco il mio tempo in maniera indecente: a parte qualche anziano trombone che scrive di argomenti che conosce e di cui si nutre, tipo le congiure politiche del sottobosco romano, Repubblica ospita senza vergogna la produzione di soi-disant giornalisti tuttologi intenti a veicolare verso il prossimo qualsiasi belinata appaia in Rete, senza quel minimo di professionalità che imporrebbe quanto meno di capire quello che si copia.
In estate poi, quando i professionisti del copiaeincolla vanno in ferie a svaccarsi la quattordicesima alla quale tutti noi contribuiamo regalando soldi per i contributi statali alla stampa,  in redazione restano gli sfigati – per lo più stagisti sfruttati senza vergogna e/o collaboratori ansiosi di fare curriculum.
E più o meno tutte le estati che Dio manda in terra, puntuale come una gaffe di Berlusconi  (©Piero Ricca), ecco l’articolo sulle esplosioni solari che stanno per scatenare apocalittiche interruzioni delle comunicazioni.  E’ un classico.
Non posso riprodurre la puntata 2011, a cura della fantasiosa e creativa Elena Dusi, perché protetta da un minaccioso copyright: non vorrei che Ezio Mauro, uno che si prende così sul serio da non togliere la cravatta manco sotto la doccia, scatenasse i suoi avvocati.  Mi limito a segnalare la godibilità dell’articolo,  secondo il quale “rischiano di subire interferenze anche le telecomunicazioni radio e i cellulari, soprattutto nelle aree vicine ai poli” (Panico fra gli eschimesi?).
Per chi gradisse qualche minuto di comicità, il parto letterario e scientifico della signora Dusi è fruibile gratuitamente qui.  Alcune gag, come quella delle tempeste solari catalogate secondo la loro “veemenza”, sono classici del genere “traduco alla cazzo perché non capisco un belino”, ma altre sono frutto della fantasia dell’autrice – e di queste mi complimento con lei.
In realtà, sta succedendo che l’attività solare va verso il massimo del ciclo  undecennale – roba del resto nota da secoli – e sicuramente la cosa influisce sulle telecomunicazioni, altra roba risaputa e studiata e documentata.  Ma non perché si tratti di qualcosa di inaspettato, sia chiaro: nei periodi di picco dell’ attività solare le emittenti broadcasting spostavano i programmi per l’estero su lunghezze d’onda maggiori, le stazioni costiere utlizzavano frequenze più basse per restare in contatto con le navi, insomma si prendevano provvedimenti per garantire il servizio con il minimo di disagi per l’utenza. Routine, o quasi.
In realtà quello che sta dicendoci la NOAA, spacciando un fenomeno naturale e prevedibilissimo come fosse una manifestazione della collera divina, è che tutti questi fantastici sistemi di comunicazione basati sulla tecnologia satellitare non sono stati protetti e possono anche saltare come dei birilli a seconda delle bizze delle eruzioni solari. Ovvero che si è implementato un backbone di comunicazione sul quale ormai passa una quantità smisurata e critica di dati vitali (reti, localizzazione GPS, telefonia, sicurezza in mare e in cielo  e millanta altre robe basilari) senza minimamente tenere conto del fatto che il Sole ha le sue maree e le sue tempeste, cosa nota da millenni, e che le comunicazioni ne risentono di brutto, il che si sapeva già dai tempi del telegrafo a filo.
Tanto varrebbe costruire ospedali sul greto del Po e sorprendersi perché se piove molto in autunno un ‘inondazione li spazza via, tanto per dire, oppure portare una coppia di tigri affamate a passeggio nel parco e meravigliarsi se ci scappa una strage di bambini, vero, o anche affidare il governo a un truffatore psicotico per poi stupirsi se il paese va in vacca.
Al momento, comunque, i picchi massimi di attività solare sono sempre passati senza fare troppi danni: semplicemente, è andata bene. Potrebbero sicuramente verificarsi fenomeni di intensità ben maggiore e, per usare un’ apocalittica immagine della sempre immaginifica  signora Dusi, “oltre alle mappe cartacee, bisognerebbe ripristinare anche le candele”. Ma in tutti i casi non si venga a dare colpe alla sfiga, al destino cinico e baro, alle cospirazioni, alle scie chimiche, alla speculazione internazionale o ai magistrati comunisti. Ci si incazzi piuttosto, e giustamente, con la pessima e diffusa abitudine di affidare la gestione dei servizi comuni a pesone incompetenti, disoneste e avide di ricchezze. Fanno più danno costoro di quanti non ne facciano dozzine di mega flare (traduco per la signora Dusi: esplosioni solari) messe assieme.

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Giappone

14 marzo 2011 e.oliva Nessun commento

sonySi parla molto della straordinaria compostezza con cui il popolo giapponese sta affrontando i giorni più terrificanti della sua storia recente. Quella gente è davvero ammirevole e sicuramente merita tutta la nostra solidarietà.

Abbiamo appreso che a seguito della catastrofe, le reti di telefoni cellulari sono andate fuori uso nel giro di qualche minuto – sia per danni alle infrastrutture, sia per sovraccarico.  C’era da aspettarselo: sperare che una rete cellulare rimanga in piedi dopo avvenimenti del genere è pura illusione. La rete Internet, specialmente nelle zone devastate, è scomparsa nello stesso momento e le famose notizie via Twitter o via Facebook, di cui si è parlato abbastanza a sproposito, venivano da Tokyo o da località comunque non del tutto distrutte. La TV trasmetteva, ma anche in questo caso dove c’era più bisogno di notizie e istruzioni non esistevano più né i televisori né l’energia elettrica.

Ancora una volta, ad aiutare chi è riuscito a scampare al terremoto e allo tsunami c’è voluta la semplice, umile e tanto “obsoleta” radio. Si vedono spesso, nei filmati che passano in queste ore su tutte le TV del mondo, persone con l’orecchio incollato alla radiolina e intorno altra gente in circolo, attenta, riunita attorno alla voce che rappresenta la speranza e forse la salvezza.

Nei prossimi giorni, sempre che non succeda di peggio, in Giappone si dovrà vivere al ritmo dei black-out pianificati nella fornitura dell’energia elettrica. Tutti sono inoltre invitati a consumare il minimo di energia possibile, e c’è da essere certi che lo faranno in maniera rigorosa. Anche lasciando spenti televisori al plasma, 3D, HD e WideScreen per ascoltare le informazioni attraverso il meno vorace apparecchio radio.

L’ industria giapponese, che si considera e viene vissuta come patrimonio della comunità e non si tira indietro quando c’è da dare una mano, sta facendo la sua parte. La  Sony per esempio ha già stanziato 300 milioni di Yen da destinare ai soccorsi e distribuito 30.000 apparecchi radio. Piccole, efficienti, semplici radio a transistor, di quelle che con tre batterie da un volt e mezzo vanno avanti per giorni e funzionano anche quando intorno tutto è buio, quando nelle metropoli si accendono le candele, quando una voce può salvare dalla disperazione chi è solo o costretto nei centri di accoglienza.

Non è poco. Quello di Sony è un gesto che dimostra intelligenza, sensibilità e – diciamolo – per una volta attenzione alla persona anziché al consumatore. Ne sono lieto; per l’ insostituibile radio, che una volta di più dimostra l’ imbecillità e l’ incoscienza di chi smantella emittenti, e per la Sony che dimostra di sapere quali sono le cose importanti quando il business passa in secondo piano.

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Welcome

1 febbraio 2011 e.oliva Nessun commento

chinaDa oggi, 1 Febbraio 2011, China Radio International ha un ripetitore in FM che diffonde programmi in italiano nella zona di Milano. Su 101.5 MHz, infatti, la musica spazzatura di Radio Fantastica è stata sostituita da frammenti di lezioni di lingua cinese, dotte disquisizioni sul rinnovamento stilistico all’interno dell’ opera di Pechino e musica occidentale non-stop. Ho l’impressione che per rispettare la data d’inizio delle trasmissioni si sia rinunciato ad andare in onda in condizioni ottimali, ma sono cose che succedono.

La notizia, al di là dei retroscena di ordine commerciale, è che l’etere milanese si è arricchito. La stazione, da quanto si può intuire dalle prime zoppicanti ore di trasmissione, è destinata a parlare e informare. Parlare un italiano dall’accento esotico e informare con modalità che forse possono sconcertare – ma comunque dire qualcosa che non siano le demenzialità dei diggéi mentecatti, i deliri logorroici di Marco Pannella o le omelie oscurantiste di Padre Livio. Non è poco, a pensarci bene.

Che a portare un sussulto di novità nelle nostre radioline dovessero pensarci proprio i cinesi è uno dei tanti segni dei tempi. Al momento la voce asiatica in modulazione di frequenza è sommessa, pacata, dall’aria artigianale, non sembra proprio voler aspirare a porzioni rilevanti di share. Esattamente come il primo negozio di parrucchiere  o il primo centro-benessere cinese aperti senza sfarzo fuori dal perimetro di Chinatown.

Sarebbe facilissimo sottovalutare questa operazione liquidandola con risatine sarcastiche: chi vuoi che ascolti le lezioni di cinese, le lagne dell’ opera di Pechino e le notizie sulla borsa di Shanghai? Ah, ah, che ridere.

Come se i cinesi facessero qualcosa per caso.

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