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Archivio per la categoria ‘low-cost’

Elenco – Prima puntata

22 agosto 2011 e.oliva Nessun commento

pure_bug_tooTrovo che l’articolo con cui David Julian Price se n’è uscito su  Huffpost UK sia veramente simpatico.
Innanzi tutto Price  è competente (sa di cosa parla), si spiega (uno capisce quello che dice) e usa un intelligente umorismo (diverte senza perdere autorevolezza).  Tutto quello che uno come Tremonti avrebbe sempre voluto essere e per quanto ci provi non sarà mai, a ben vedere.
David Julian Price, dunque ha reso pubblico il suo pensiero sulla triste storia della radio digitale in Regno Unito.  Sull’ argomento la penso esattamente come lui: si tratta basicamente di un’operazione di puro spreco di denaro pubblico, dovuta a incompetenza e forse a interessi ben poco commendevoli.  Ma la Gran Bretagna è altrove, ben altre sciagure sociopolitiche ci attanagliano; prendiamola sul leggero e divertiamoci a compilare pigramente, a puntate,  un elenco delle migliori riflessioni di David Julian Price sulla situazione della radio digitale nel Regno Unito.

  • Se la radio digitale fosse una volpe, la cosa più umana da fare sarebbe spararle.
  • Il time-limit  per lo switchover obbligato al digitale in UK  è stato fissato al 2015. Mancano meno di quattro anni e il progetto è in confusione totale; se il progetto per le Olimpiadi del 2012 si fosse trovato in questa situazione tre anni fa, qualcuno nel governo sarebbe stato costretto a dimettersi.
  • William Rogers, responsabile del consorzio di emittenti locali UKRD, ha fatto sapere che “la scadenza del 2015 per lo switchover è morta e sepolta ( is dead in the water), sarebbe meglio svegliarsi e ammetterlo”.
  • I problemi che il DAB deve risolvere sono miliardi: tanto per cominciare quello della volontà politica e dei costi a carico dei contribuenti, nodi non facili da sbrogliare.  Poi viene la questione della copertura, di soluzione difficile e costosissima, senza contare l’andamento delle vendite dei ricevitori che procede a ritmi scoraggianti.
  • Ma non è tutto. Esistono a monte ben altri problemi di difficile, probabilmente impossibile soluzione, come…

Continua nella prossima puntata.

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    Saggezza indiana

    15 agosto 2011 e.oliva Nessun commento

    Ragionavolmente soddisfatto dal pregevole piatto di Biryani Chicken cucinato in casa dal signor Banerjee ieri sera, era inevitabile che il mio pensiero svolazzasse pigramente verso l’ affascinante (molto) e misterioso (poco) Subcontinente indiano – dove gli uomini sono uomini, le tigri sono tigri e i broadcaster sono broadcaster, mica pentolai da quattro rupie o truffatori dilettanti degni di lunghi soggiorni nel carcere di Guwahati a scontare il loro vizietto del falso in bilancio.
    Prasar Bharati, authority pubblica per il broadcast indiano, ha deciso di dare un’accelerata alla copertura di All India Radio in modulazione di frequenza in 210 nuove location situate in città grandi e medie, in modo da raggiungere la parità con i privati (tutti i privati messi assieme) per quanto riguarda la copertura delle città grandi e medie. Si tratta di un investimento che solo in infrastrutture raggiunge le Rs 2,000 crore: il sistema indiano di espressione dei multipli di dieci mi è sempre stato ostile e azzardare una conversione esatta mi esporrebbe a errori clamorosi, per cui preferisco affermare che Rs 2,000 crore sono un sacco di soldi , più o meno mezzo milione di dollari che come investimento nella radiofonia pubblica non è niente male. E comunque l’ authority ha già contattato le amministrazioni locali di tutti gli stati indiani di modo che i lavori possano iniziare immediatamente dopo l’approvazione del progetto da parte del governo centrale di Delhi.
    Il settore della radiofonia, che in India comprende 36 operatori di emitenti FM, vale – a spanne – 300.ooo dollari che dovrebbero quanto meno raddoppiare entro il 2015 con l’ingresso di nuovi player; la radio pubblica All India Radio, con i suoi network a onde medie corte e FM, detiene attualmente il 35% del mercato, copre il 91.85 % dell’area geografica del Paese e raggiunge il 99.2 % della popolazione. L’ espansione della rete viene vista come una mossa finalizzata a mantenere la posizione predominante nel mercato e aumentare i fatturati prodotti da un mercato in continua espansione.
    Questa è cronaca. La questione interessante, secondo me, è la seguente: da una parte abbiamo l’ India dove una radio pubblica – cioè di proprietà dei cittadini –  investe somme ragguardevoli in nuove strutture, ammoderna le reti esistenti, accende nuovi trasmettitori, guadagna denaro, crea cultura e  posti di lavoro. Dall’altra in Italia si smantellano le reti RadioRai, i trasmettitori a onde medie o sono rottamati o vengono usati per “esperimenti” di trasmissioni digitali che nessuno ascolta, gli impianti sono obsoleti, il livello della programmazione è sotto al minimo sindacale di dignità.
    L’India è un paese povero e in via di sviluppo con un PIL che cresce del 7.8% all’anno; L’ Italia è un paese ricco e industrializzato del cui PIL è meglio non parlarne. Non è che si potrebbe reclutare un paio di economisti e/o businessman indiani con l’incarico di gestire la nostra radiofonia pubblica, dato che i cialtroni addetti a farlo stanno a tutti gli effetti appropriandosi di denari pubblici in quantità con l’unico risultato di mandare in vacca l’azienda che dovrebbero gestire?

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    Libia

    24 febbraio 2011 e.oliva Commenti chiusi

    ly-map Stanno succedendo cose importanti di questi tempi, in Libia. Le notizie, come sempre in questi casi, sono frammentarie, contradditorie e contraddette da un’ora all’altra, catastrofiche o rassicuranti – insomma, c’è confusione ed è anche normale che sia così.

    L’ informazione italiana in questa occasione  si distingue, a mio modo di vedere, per una certa qual passività. Televisioni e radio riprendono agenzie, citano Twitter e Facebook, “voci” raccolte qua e là, telefonate di turisti, comunicati più o meno ufficiali. Cose quasi sempre di riporto. Del resto, questo passa il convento.

    Mi sembra che, a forza di interattività, largabanda, newmidia e digitalstereo, ci si sia un po’ dimenticati dell’acqua calda. In questo caso della radio: la radio-radio, quella che quando è il caso si riceve anche fuori dal bacino di utenza. Chissà perché. Eppure, da Marconi in poi, chiunque abbia organizzato una rivoluzione, una sommossa, un colpo di stato o una sollevazione qualsiasi si è sempre posto come obiettivo primario l’occupazione delle stazioni radio e TV, prima ancora del palazzo del governo da abbattere. E non mi sembra il caso di spiegare perché né tantomeno di insinuare che l’operazione, disponendo di tempo e soldi, si può anche realizzare senza sparare un colpo: sono altre storie.

    In Libia, comunque, le forze anti-Gheddafi dispongono già di alcune stazioni della rete nazionale  dalle quali hanno cacciato, speriamo solo a calci e non a colpi di Kalashnikov, i dirigenti per fare informazione alternativa. Si tratta di emittenti in onda media. Ricordate le onde medie? Quelle che si ricevono con una radiolina da due euro e coprono interi paesi, isole incluse? Quelle che in Italia sono state quasi tutte spente? Ecco, quelle.

    In onde medie la nuova informazione si chiama Libya Al-Hurra (Libia Libera) e viaggia in AM fino ai più sperduti accampamenti di beduini. Anche più in là, visto che con una semplice stazione radioamatoriale la si riceve, seppur con qualche interferenza, anche nel Nord Italia. In Sicilia sicuramente  si sente anche con l’autoradio o con una radiosveglia.


    Non conosco l’arabo e non ho idea di che diavolo vadano dicendo. Ma, volendo, potrei ingaggiare part-time Samir, il figlio del fornaio egiziano di fronte a casa, che sarebbe felice di stare lì a sentire, tradurre, riassumere. E avrei news fresche, sicuramente interessanti, terribilmente up-to-date.

    L’idea è così semplice da sfiorare e forse superare il limite della banalità.  Ma, che io sappia, le nostre millanta emittenti radio continuano a trasmettere musicaccia e informare leggendo le agenzie. Male, molto male; perché anche in questo paese ultimamente sta ritornando voglia di informazione genuina, diversa, alternativa, interessante. Forse anche emozionante, a volte.  Qualche imprenditore del broadcast intende rendersene conto, o aspettiamo come sempre i cinesi?

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